PNRR e l’assenza dell’AFAM

 

Che l’AFAM sia l’ultima ruota del carro nella considerazione di chi si occupa di formazione lo dimostra, senza possibilità di smentita, il recentissimo PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_0.pdf , il documento economico più importante della storia della Repubblica degli ultimi cinquant’anni.

La parte dedicata all’istruzione, dagli asili nido all’università, è vasta e articolata. Del resto, il discorso programmatico del premier Mario Draghi al Parlamento era stato chiaro in proposito: attribuiva un’importanza alle giovani generazioni e alla loro formazione scientifica e intellettuale – indispensabile per lo sviluppo futuro – che finalmente riportava in linea l’Italia con l’Europa.

L’inversione di tendenza firmata da Draghi, perciò, va salutata e accolta con l’entusiasmo che meritano le rivoluzioni necessarie, anche se per provocarla è stata necessaria una pandemia mondiale.

Veniamo adesso a quanto ci riguarda. Sulle 32 pagine del PNRR dedicate alla «Missione 4. Istruzione e Ricerca», all’AFAM sono dedicate esattamente quattro righe. Si trovano nella sezione 3.4 (p. 245), intitolata alla «Didattica e competenze universitarie avanzate», che si apre affermando che «Il progetto mira a qualificare e innovare, attraverso un insieme di misure, i percorsi universitari (e di dottorato), finanziando le seguenti iniziative». Segue un elenco di sei iniziative l’ultima delle quali recita:

Attività di internazionalizzazione degli studi di istruzione superiore artistica e musicale (AFAM) attraverso il sostegno a 5 progetti di internazionalizzazione delle istituzioni AFAM, per promuovere il loro ruolo all’estero nella conservazione e promozione della cultura italiana.

Chiunque conosca appena un poco il settore sa che se esso possiede un punto di forza è proprio l’internazionalizzazione, che supera di slancio quella di qualunque altro settore didattico. Che poi questo sostegno inutile si trovi alla fine di un elenco, dà proprio l’impressione che qualcuno abbia ritenuto di infilare da qualche parte, in fretta e furia, un contentino all’AFAM laddove era più facile e senza ascoltare i diretti interessati: istituzioni, docenti e studenti.

Vediamo invece tutti i punti dove l’AFAM avrebbe potuto essere inserito con maggior ragione.

1) Il punto 4.1 (p. 191) titola «Estensione del numero di dottorati di ricerca e dottorati innovativi per la Pubblica Amministrazione e il patrimonio culturale» e specifica alla fine che

La misura prevede anche, in collaborazione con il Ministero della Cultura, il finanziamento di cicli di dottorato destinati all’efficientamento della gestione e dello sviluppo dell’enorme patrimonio culturale del Paese, cogliendo le nuove opportunità offerte dalla transizione digitale. Per contribuire al raggiungimento di tale obiettivo sono previste 600 borse di dottorato

Era il tema perfetto su cui coinvolgere l’AFAM. Per parlare soltanto dei casi più macroscopici, le biblioteche di tre Conservatori – Napoli, Roma e Milano – contengono un tesoro di partiture autografe, manoscritti e stampe rare, documenti inestimabili del nostro passato. In realtà, tutte le istituzioni AFAM – chi più chi meno, ma praticamente nessuna esclusa – sono uno scrigno di bellezze che spaziano da quanto custodito nelle biblioteche, all’architettura dei luoghi che le ospitano, alle testimonianze artistiche che custodiscono – grafiche, quadri, affreschi, oggetti d’arte – alle centinaia di strumenti antichi e preziosi. Pochissimo di tutto questo è stato non diciamo studiato e valorizzato, ma neppure censito, e il MUR dovrebbe saperlo, visto che nel 2015 organizzò un convegno in proposito. Si potevano prendere due piccioni con una fava attivando finalmente il terzo livello di studi – le Accademie private lo possiedono, le istituzioni AFAM ancora no – e finalizzandolo allo studio e alla valorizzazione del loro stesso patrimonio. Come ammette lo stesso PNRR, il numero dei dottorati dell’Italia è sotto la media della UE, dunque un motivo in più per attivare il terzo livello nelle istituzioni AFAM. Se tutto questo avvenisse, si metterebbe in moto un circolo virtuoso, e la medesima pietra potrebbe colpire un terzo piccione: perché, ad esempio, non pensare alla valorizzazione anche economica del patrimonio biblioteconomico, organologico e artistico? Fermo restando che la ricerca deve rimanere libera e gratuita, perché non pensare all’organizzazione, per esempio, di visite guidate a pagamento per i turisti che fossero interessati alle esperienze culturali più raffinate? All’organizzazione di mostre, bookshop e relativo merchandising?

2) Il punto 3.3 (p. 190) è dedicato al «Piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica». Proprio perché le istituzioni AFAM sono allocate in genere in edifici storici, in molti casi c’è bisogno di interventi di conservazione e miglioramento degli stessi: c’è anche un disperato bisogno di aule digitali, merce rarissima, e di predisporre reti Wi-Fi per tutta l’utenza. Perché in questo punto l’AFAM non è menzionato?

3) Le discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) di cui si fa esplicita e diffusa menzione al punto 3.1, «Nuove competenze e linguaggi», p. 188, sono oggi il fondamento di qualunque approccio all’istruzione. Ovviamente l’AFAM è un mondo che vede centrale l’approccio professionale alle arti. Ma persino nell’AFAM l’importanza delle STEM merita di crescere. Bisognerebbe incrementare la conoscenza dell’acustica (nei Conservatori), dell’ottica (nelle Accademie), in tutte le istituzioni delle neuroscienze come approccio al mondo. Non è più possibile immaginare la cultura umanistica e l’arte come contrapposta alle scienze, ma bisogna pensare che lo studio delle scienze può portare a nuovi modi di concepire l’arte, e comunque una formazione di base su cosa sia la scienza è necessaria persino a qualunque artista. Per quanto attiene al potenziamento delle competenze, anche una maggiore cura nell’insegnamento delle lingue straniere dovrebbe essere presa in attenta considerazione.

Come dicevamo all’inizio, l’AFAM è trattata come l’ultima ruota del carro. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è ampiamente perfettibile, per quel che ci riguarda: può migliorare e diventare finalmente una scintillante auto elettrica, pronta a caricarsi con efficienza e senza sprechi di tutti i suoi passeggeri, nessuno escluso. Come Anda, non possiamo permettere che tutto il settore dell’istruzione proceda e che l’AFAM rimanga per strada.

 

 

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