Il Ministro dell’Università e della Ricerca, la Senatrice Anna Maria Bernini, ha firmato l’Atto di indirizzo politico-istituzionale, per l’anno 2023, che sviluppa le linee programmatiche del Dicastero presentate il 21 novembre e il 13 dicembre 2022 al Parlamento con l’attuale quadro di riferimento economico-finanziario. Dei sei punti di cui è composto il documento, cioè:
- implementazione delle attività di realizzazione dei progetti PNRR;
- potenziamento dell’offerta formativa;
- allargamento della comunità di ricerca;
- Programma nazionale per la ricerca 2021-2027 e Programmi strategici nazionali;
- internazionalizzazione;
- consolidamento dell’organizzazione del Ministero e sviluppo delle attività di “Policy communication”
si parla di AFAM ai punti 1, 2, 3 e 5.
Prendiamo atto con soddisfazione che si tratti dell’AFAM in relazione al PNRR, cioè al tema della governance e del reclutamento, quest’ultimo il vero punctum dolens del sistema di cui tante volte abbiamo discusso (punto 1); al potenziamento dell’offerta formativa e all’allargamento della comunità di ricerca coi costituendi dottorati di ricerca (punti 2 e 3); in relazione all’internazionalizzazione — e del resto l’AFAM ha un respiro internazionale presente e potenziale infinitamente più ampio di quello dell’Università (punto 5). Ci stringe il cuore vedere che l’AFAM non è nominata neppure per sbaglio al punto 4, quando da due anni possiamo accedere ai PRIN, e quando già adesso molti professori AFAM danno ostensibilmente un contributo di eccezionale livello alla ricerca seppur senza specifiche risorse; e che non rientriamo nel punto 6. Indubbiamente i due recenti pronunciamenti del Consiglio di Stato hanno fatto più danno dell’immaginabile, e soltanto un reclutamento in linea con quello universitario potrebbe aiutare a cambiare le cose. Comunque, di fronte all’istituzione dei prossimi dottorati di ricerca AFAM speriamo si possa arrivare anche a uno status giuridico-economico corrispondente ai compiti richiesti e alla denominazione corretta dei titoli di studio — finalmente “lauree” in luogo di “diplomi accademici” —: e che si arrivi ad una vera integrazione europea, ad una vera “Università delle Arti”, che da troppo tempo la legge 508 vorrebbe e che stenta a concretarsi.
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