La notizia buona e quella cattiva

Il 24 dicembre scorso alle ore 12.58, mentre i pensieri di tutti i lavoratori dell’AFAM erano rivolti alla vigilia di Natale, il MUR come ultimo lascito dell’anno per il nostro settore pubblicava il Decreto Direttoriale n. 2214, con argomento PRIN AFAM 2024 https://www.mur.gov.it/sites/default/files/2024-12/Decreto%20Direttoriale%20n.%202214%20del%2024-12-2024.pdf

Chi avesse per un attimo mollato i preparativi del Natale a favore della lettura di quelle 19 pagine, ne avrebbe ricavato due notizie, una buona e una cattiva. La buona ve la diciamo subito: per l’AFAM, e solo per l’AFAM, sono stati stanziati 4.000.000 di euro (3.900.00 per la ricerca, 100.000 per la valutazione e il monitoraggio). Significa che tali danari saranno certamente spesi per il nostro settore. Ma a pagina 3, diciamolo subito, cala drammaticamente il sipario sui lati positivi della faccenda: perché il Decreto, invece di dare uno sfogo fattivo al ribollire sotterraneo di tutte le iniziative di ricerca presenti nell’AFAM – e sono centinaia – pensa bene di porre l’attenzione a due temi obbligati:

1) Benessere psicologico e 2) Innovazione sociale.

Cominciamo dal primo, il Benessere psicologico. L’art. 4 del Decreto recita testualmente:

 «Le Iniziative devono avere, ove possibile, carattere multifunzionale prevedendo:

  • ⁠ azioni di ricerca, dirette a: definire la diffusione e l’entità del fenomeno del disagio psico -emotivo; identificare i relativi fattori di rischio, con le conseguenze che ne derivano, e quelli di protezione anche con particolare riferimento alla prevenzione e contrasto alla diffusione delle dipendenze all’uso di alcol e sostanze stupefacenti, alle tossicodipendenze, nonché delle altre forme di dipendenza patologica, quali ludopatia, internet addiction disorder;
  • ⁠ ⁠individuare percorsi, programmi, modalità e strumenti utili a contrastare detti fattori di rischio, promuovendo il benessere psicologico; la realizzazione /potenziamento di strutture e l’adozione di strumenti che stimolino soluzioni e modalità innovative a supporto continuo dei bisogni espressi o latenti della popolazione studentesca anche attraverso la valorizzazione degli aspetti collegati alle discipline sportive quale strumento utile a fornire soluzioni e modalità innovative nei processi di miglioramento del benessere psicofisico ed emotivo;
  • ⁠ servizi di counseling a supporto di attività di ricerca sui rischi e sugli effetti del disagio studentesco psicologico da svolgere anche attraverso lo studio di indagini a campione riguardanti le condizioni di difficoltà o di disagio e favorendo percorsi di crescita ed inclusione;
  • ⁠ attività di informazione, orientamento al fine di divulgare maggiore consapevolezza riguardo il fenomeno del disagio psicologico ed emotivo, mettendo in luce i bisogni e le esigenze della popolazione studentesca».

Soffermiamoci invece sul fatto che il CCNL dei docenti AFAM prevede azioni di didattica e quasi nulla per la ricerca. Per la didattica niente da dire, ben vengano azioni di contrasto al disagio degli studenti. Qui però parliamo di ricerca: e dunque, a quale titolo si prevede che Istituzioni di Alta Formazione nei settori dell’arte tutta e del design siano titolate ad occuparsi di ricerca (RICERCA!) in quell’ambito? Con quali strumenti concettuali e materiali dovrebbero varare siffatti programmi? Come affrontare la delicatissima tematica delle dipendenze (che peraltro interessa una parte circoscritta della popolazione studentesca) «anche attraverso la valorizzazione degli aspetti collegati alle discipline sportive» sapendo che nell’AFAM non è previsto l’insegnamento di discipline motorie o sportive? Senza tacere l’ovvia constatazione che la ricerca dell’AFAM dovrebbe essere ricerca sull’arte, non certo sui disagi studenteschi. Gli studenti sono coloro ai quali dovremmo trasmettere competenze, non oggetti di studio.

Con la seconda area tematica, «Innovazione sociale», non va molto meglio. Come recita l’art. 5

«l’Avviso finanzia la realizzazione di iniziative volte a promuovere l’innovazione sociale attraverso specifiche azioni di ricerca di natura sociale e culturale, al fine di innescare cambiamenti comportamentali necessari per affrontare le principali sfide della società attuale. Gli interventi finanziati sono diretti a favorire lo sviluppo e l’attuazione di nuove idee, prodotti, servizi e modelli, per creare nuove relazioni sociali o collaborazioni al fine di soddisfare le esigenze sociali della popolazione studentesca».

Tralasciando considerazioni scontate sulla vacuità di certe sequenze di parole «realizzazione di iniziative volte a promuovere l’innovazione sociale attraverso specifiche azioni di ricerca di natura sociale e culturale, al fine di innescare cambiamenti comportamentali necessari per affrontare le principali sfide della società attuale», anche qui c’è una fondamentale incomprensione del termine ricerca: che non dovrebbe avere, per definizione, nessun obbiettivo di «soddisfare le esigenze sociali della popolazione studentesca», ma soltanto di far lavorare i docenti, parallelamente alla didattica, su tematiche di loro competenza che portino risultati di incremento del sapere.

Non è chiaro poi, all’art. 6, perché si specifichi con tanto di sottolineatura

«Non sono, pertanto, ammissibili le attività che a tale data risultino essere state già effettuate o avviate».

È perfettamente giusto che non si chiedano finanziamenti per attività già svolte, ci mancherebbe. Ma perché escludere la prosecuzione di attività già in essere? L’AFAM è piena di progetti di ricerca in stato più o meno embrionale, più o meno avanzato, che attendono soltanto un finanziamento per prosperare.

L’apertura dei dottorati di ricerca ai Conservatori, avvenuta questa estate con una risposta entusiasta, lasciava sperare ben altra direzione dei PRIN. Cosa altro dobbiamo aspettarci… non vorremmo che l’AFAM fosse poi esclusa dal bando del PRIN nazionale…