Negli ultimi giorni, due notizie sono piombate nel piccolo mondo AFAM ad addensare perplessità di cui nessuno sentiva il bisogno.
Cominciamo coi PRIN, i Progetti di Rilevanza Nazionale per la Ricerca, cui l’AFAM è stato ammesso a partecipare qualche anno fa. Conclusa la prima stagione con un inaccettabile finale, la seconda inizia appena meglio, mostrando comunque tutti gli inevitabili problemi non risolti già ben evidenti nella precedente.
Con la pubblicazione del Decreto Direttoriale n. 1012 del 6 luglio 2023 – Bando PRIN 2022 e della graduatoria finale delle proposte progettuali relative al Macrosettore SH (Social Sciences and Humanities) – Settore SH5 (Cultures and Cultural Production) – abbiamo potuto constatare che una sola istituzione AFAM (l’Accademia di Belle Arti di Roma) risulta assegnataria di finanziamento come capofila. Un modesto avanzamento rispetto ai PRIN 2020, in cui nessuna istituzione AFAM era presente.
L’accesso ai fondi per la ricerca è vitale per un settore che da sempre si impegna in questo campo, con risultati di eccellenza – comunque e nonostante – contando solo sulle sue proprie forze, ed è mantenuto asfittico da una decennale miopia politica che da oltre vent’anni non ritiene di occuparsi minimamente del suo futuro. Nel caso dei PRIN, il Comitato Nazionale per la Valutazione della Ricerca (CNVR), infatti, nella pluralità di aree disciplinari rappresentate, non include al suo interno figure afferenti alle nostre istituzioni. A questo riguardo potrebbe essere utile coinvolgere esperti specifici del settore AFAM nella composizione del CNVR, in modo da garantire una rappresentatività paritetica per tutte le istituzioni coinvolte. Si comprende benissimo che si valuti per ciascun progetto l’inclusività rispetto al genere, ma perché allora si ignora l’inclusività rispetto ai generi delle istituzioni di alta formazione?
La seconda notizia riguarda i due pareri ri-sottoposti al Consiglio di Stato, ossia le procedure e le modalità per la programmazione e il reclutamento del personale e quello relativo alle modifiche al regolamento recante disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici. Dopo la disfatta dello scorso dicembre, arriva ora l’ennesima bocciatura. Se qualcuno si stesse chiedendo come è andata a finire, la risposta è semplice e basta leggere le motivazioni del Consiglio di Stato.
A questo si aggiunga anche la mancanza dell’AFAM nel riconoscimento dei titoli e delle professioni nel provvedimento in itinere riguardante le Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali.
Una domanda però sorge spontanea: tutto questo, cui prodest?